Associazione tra Anemia Sideropenica ed Ernia Iatale
Definizione, classificazione, caratteristiche cliniche e studi sull’associazione tra Anemia sideropenica ed Ernia iatale
L’associazione tra Anemia Sideropenica ed Ernia Iatale era conosciuta sin dagli anni ’30, ma solo alcuni decenni più tardi vennero pubblicati i primi studi con casistiche consistenti, al fine di comprendere i meccanismi eziopatogenetici alla base della sideropenia in tali pazienti. Ora, andiamo per gradi e ricordiamo cosa si intende per ernia iatale, quali le caratteristiche utilizzate per la classificazione.
Cos’è l’ernia iatale? Come viene classificata e quali sono le sue caratteristiche cliniche?
Per ernia iatale si intende “la dislocazione intratoracica, intermittente o persistente, di una porzione dello stomaco attraverso lo iato esofageo”. Secondo la classificazione di Allison (1952), esistono quattro tipi di ernia dello iato esofageo (acquisite, non traumatiche):
Si parla di ernia iatale “gigante” (“giant hernia”) se è coinvolto più del 50% del volume gastrico (altri Autori riportano invece come “giganti” ernie in cui è erniato più di 1/3 dello stomaco.
I fattori di rischio per l’insorgenza di questa condizione riguardano in generale una lassità dei legamenti freno-esofagei ed uno slargamento dello iatus diaframmatico associati ad un aumento della pressione intraddominale, per sovrappeso o gravidanza o sforzi fisici intensi ed improvvisi. Tutto ciò porta nel tempo ad una perdita dei meccanismi di ancoraggio e di contenimento di esofago e stomaco.
La sintomatologia dipende anche dal tipo di ernia: in quelle da scivolamento -più frequenti- la pirosi (intesa come dolore urente retrosternale) e il rigurgito acido si presentano spesso; mentre nella paraesofagea vengono riferiti a volte sensazione di gonfiore e sazietà precoce, nonché sintomi cardio-respiratori da “ingombro toracico” quali dispnea e tosse, e raramente possono verificarsi anche aritmie.
Le ernie iatali possono essere asintomatiche in una grande percentuale di pazienti e per questo motivo rimanere poco indagate per lungo tempo.
Le complicanze che possono verificarsi dipendono dall’impegno dei visceri erniati nella sede ectopica: disfagia da compressione ab estrinseco dell’esofago, volvolo gastrico, ed una complicanza sottostimata cioè anemia da sanguinamento cronico (più verosimilmente su base ischemica locoregionale dello iato).
Primi studi sull’Associazione tra Anemia Sideropenica ed Ernia Iatale
Windsor e Collins negli anni ’60 hanno riportato i risultati della loro casistica di 450 pazienti trattati per ernia iatale, rilevando la presenza di anemia nel 30% circa dei soggetti con ernia paraesofagea e nell’11% circa di quelli con ernia da scivolamento. L’incidenza media di anemia rilevata in letteratura in quegli anni -associata a tutti i tipi di ernia iatale- era di circa il 20%.
Una teoria proposta dagli autori, per spiegare l’associazione tra il difetto chirurgico e l’anemia sideropenica, riguardava la presenza in alcuni dei pazienti in studio delle cosiddette “riding ulcers” (ulcere ad anello) nel punto in cui lo stomaco era costretto tra i pilastri del muscolo diaframma a livello dello iatus. Lo sviluppo di queste lesioni sarebbe favorito da forze multiple di frizione, scivolamento e schiacciamento che danneggiano la mucosa gastrica durante i movimenti toracoaddominali, a livello quindi del colletto del sacco erniario, risultante nella cronica perdita di sangue che conduce col tempo a deplezione marziale ed infine anemia microcitica ipocromica.
Altri Autori hanno anche avanzato ipotesi patogenetiche diverse (e complementari) per spiegare il deficit marziale in alcuni pazienti con ernie diaframmatiche, puntando l’attenzione su un verosimile deficit di assorbimento del ferro [Michaelides and Philis (1959); Loeper et al. (1963)]. Questa teoria non trova però supporti sia sul piano teorico, considerando che il ferro è assorbito nel duodeno (seppur favorito dall’acidità
dell’ambiente gastrico), sia nei risultati di alcuni studi effettuati da Holt [et al. (1968)] e da Kubota [et
al. (1987)] che confermano come l’assorbimento del ferro somministrato per via orale in pazienti anemici affetti da ernia iatale sia piuttosto incrementato, compatibilmente ai meccanismi di regolazione del fabbisogno marziale, che risulta appunto aumentato proprio in soggetti con anemia sideropenica.
L’esofagite è un reperto frequente nei pazienti con ernia iatale; tuttavia, non sembra essere associata strettamente alla cronica perdita ematica negli stessi pazienti, come rilevato da una casistica dello studio di Holt J. M. et al. (1968).
Risultava quindi più consistente l’ipotesi che alla base dell’anemia in alcuni pazienti con ernia iatale ci fosse una cronica perdita di sangue a livello gastrico.
Studi recenti sull’Associazione tra Anemia Sideropenica ed Ernia Iatale
In un lavoro del 1986, Cameron e Higgins descrissero i reperti endoscopici di “superficial linear erosions” (simili alle “riding ulcers” già riportate da Windsor e Collins venti anni prima), il risultato di traumi meccanici subiti delle pieghe mucosali gastriche in pazienti con grandi ernie iatali, attribuendo a queste la fonte del sanguinamento cronico che conduceva al deficit marziale.
Le “lesioni di Cameron” – come vennero da lì in avanti denominate – rappresentano quindi uno dei reperti più specifici per spiegare l’associazione tra anemia ed ernia iatale.
Sebbene nello studio di Cameron la prevalenza di queste erosioni lineari sulla mucosa gastrica raggiungesse circa il 40% dei casi di ernie iatali paraesofagee, in realtà studi posteriori hanno rilevato la difficoltà di reperire tali lesioni durante esami endoscopici standard in molti pazienti affetti da anemia ed ernia diaframmatica.
Più recenti casistiche riportano, infatti, una prevalenza di circa il 5% di erosioni lineari in questi soggetti, che sale fino al 10-20% nei casi di ernie diaframmatiche di più grandi dimensioni, ed ancora più elevato il loro reperimento in quei pazienti che vanno incontro a correzione chirurgica dell’ernia stessa [Carrott P. W. et al. (2013)].
Kimer N. [et al. (2010)] dell’Università di Copenaghen presentano due case report in cui si evince la difficoltà nel rilevare una sicura fonte di sanguinamento nei pazienti anemici affetti da ernia diaframmatica, nonostante ripetute indagini endoscopiche nel corso di ricoveri frequenti proprio per anemia severa.
Come detto, le “Cameron lesions” non compaiono in tutti i pazienti anemici con ernia diaframmatica, ed anche quando presenti possono sfuggire all’osservazione nel corso di una EGDS standard; inoltre, se individuate, possono configurarsi come semplici erosioni senza chiari segni di sanguinamento in atto o pregresso.
Anche il rilievo anamnestico di ematemesi o melena ha una sensibilità bassa in questi pazienti: lo studio di Carrott P. [et al. (2013)] su una coorte di 77 soggetti riporta che solo il 38% di essi aveva una storia di sanguinamento gastrointestinale macroscopicamente rilevabile. Inoltre, la valutazione del cosiddetto “sangue occulto fecale” non sempre produce risultati positivi, a causa dell’intermittenza delle fasi di sanguinamento dalle lesioni suddette nei pazienti anemici affetti da ernia iatale [Holt J. M. et al. (1968)].
Panzuto et al. (2004) hanno indagato, in soggetti con ernia iatale, l’associazione tra l’infezione da Helicobacter Pylori e anemia sideropenica, ma questa non veniva corretta dopo eradicazione del batterio.
Acidità gastrica pericolosa nei soggetti con Ernia iatale
Anche l’acidità gastrica rappresenta un importante fattore di rischio aggiuntivo per il sanguinamento cronico nei soggetti con ernie iatali, ed i farmaci antisecretori (unitamente a composti “antiacidi” ed antireflusso) rappresentano un cardine della terapia medica a lungo termine dell’anemia sideropenica nei pazienti con ernie diaframmatiche, accanto ai supplementi di ferro per via orale (o endovenosa) [Moskovitz et al. (1992)].
Purtuttavia, molti pazienti vanno incontro ad anemia sideropenica refrattaria alla terapia medica (la cui proporzione varia nelle diverse casistiche in letteratura), e necessitano di correzione chirurgica dell’ernia iatale, attraverso la retrazione in addome delle componenti erniate, la riparazione della lassità dell’ostio diaframmatico e la fundoplicatio sullo sfintere esofageo inferiore [Trastek V. F. et al. (1996); Carrott P. W. et al. (2013)].
Molti pazienti vanno incontro ad anemia sideropenica refrattaria alla terapia medica
Risoluzione dell’anemia dopo correzione del difetto chirurgico
E’ singolare rilevare come in una casistica di Carrott P. W. [et al. (2013)] la risoluzione dell’anemia dopo correzione del difetto chirurgico sia indipendente dal reperimento pre-procedura delle famose “Cameron lesions”: questo dipende probabilmente -come già descritto sopra- dalla scarsa sensibilità degli esami endoscopici eseguiti nei pazienti in studio nel rilevare quel tipo di erosioni, e dalla presunta impersistenza delle lesioni stesse nel provocare i sanguinamenti più o meno occulti (ed appunto intermittenti).
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